I GREGARI
I GREGARI
Forse è un caso che in una cittadina come Follonica abbiano scelto di vivere i tre gregari di lusso dei campionissimi Bartali e Coppi o forse è stata una scelta per continuare a correre seguendo i ritmi di una cittadina in forte espansione economica e urbana.
Serafino Biagioni, Bruno Pasquini e Luciano Frosini hanno scelto di vivere la loro vita, una volta scesi dalla bicicletta, nella Città del Golfo.
Tutti provenienti dalle zone del Valdarno, Serafino Biagioni era nato ad Orciano Pisano, Bruno Pasquini a Massa e Cozzile, Luciano Frosini alla Rotta di Pontedera.
Famiglie umili nella quali spesso la bicicletta rappresentava l’unico mezzo di locomozione per andare a lavorare o a scuola. Nelle loro gambe però scorreva qualcosa in più, nel loro cuore però c’era qualcosa in più.
Quel qualcosa che ha trasformato i tre ragazzi in campioni. Gregari e non primi attori, ma la distanza percorsa è uguale al primo attore, la fatica è la stessa se non superiore, gli allenamenti sono identici, i sacrifici sono uguali. Ciò che distingue un Campione da un Gregario è il simbolo che il campione rappresenta, l’essere un fuoriclasse.
Il gregario deve dimostrare fedeltà assoluta, capacità di sacrificio fuori dal comune, deve rinunciare ad essere il vincente.
Tutti siamo abituati a leggere uno sport attraverso i suoi beniamini ma che cosa vede e vive un gregario, come lègge il mondo dello sport che ama, come lo intreccia con la sua vita, come vive una volta abbandonato lo sport.
Per Follonica i tre gregari sono tre campioni, ma lo sono anche per la storia del ciclismo perché con le loro vittorie hanno segnato importanti pagine sportive e con la loro abnegazione verso il leader hanno contribuito al successo di una persona e spesso di un’intera nazione.
Nel 1948 l’Italia era ad un passo dalla guerra civile dopo l’attentato a Palmiro Togliatti, la Vittoria di Bartali al Tour de France riportò un pochino di sereno e fu evitata la guerra.
Pasquini, dal bancone del suo bar, ha sempre raccontato che fu lui a fermare Bobet al Tour de France e permettere la vittoria finale a Bartali. Gli fu chiesto un sacrificio che avrebbe condizionato inesorabilmente la sua gara, il compito era fermare Bobet, Pasquini era il gregario fidato e non se lo fece dire due volte. Per questo sacrificio gli furono pagate 250 lire una cifra enorme per l’epoca. Un sacrificio che salvò l’Italia dalla Guerra Civile.
Pasquini è sempre stato il Gregario fidato di Bartali, uno su cui poter contare, uno che non si tira indietro e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo capitano.
Biagioni ha persino avuto l’onore e il merito di vestire la Maglia Gialla al Tour de France del 1951. Due vittorie di tappa, la seconda con distacco di 10 minuti sul secondo gli è valsa la maglia gialla.
Fu l’allora commissario tecnico della nazionale italiana alla Gran Boucle Alfredo Binda a lanciare Serafino Biagioni verso la conquista della vittoria e della maglia gialla. Una tappa bloccata dai tatticismi, tutti i leader che si marcavano, Binda annusa la vittoria e lancia il suo uomo più in forma Serafino Biagioni che giunge in solitaria al traguardo di Tarbes.
L’intervista di rito ancora oggi viene ricordata come una delle più singolari per la famosa frase “anche le querce fanno i limoni”. Banale e toscana ma racchiude tutto il significato della sofferenza e del sacrificio di un gregario che raggiunge un grande risultato.
Luciano Frosini, il più “gregario” dei tre, quello che forse ha vinto meno ma che ha lottato per il suo capitano in ben 6 Giri d’Italia e ha avuto l’onore di vincere la 9° tappa della prima edizione Giro d’Europa del 1951, la Mantova-Bologna.
Lui amava raccontare le epoche pionieristiche del Ciclismo, quando per andare a correre si partiva in bicicletta spesso coprendo distanze simili a quella della gara.
L’aneddoto che più colpisce è quando parti da casa per andare ad una cronometro di 120 km con un tascapane dove c’era qualcosa da mangiare e da bene. Dopo la vittoria, lungo la strada di rientro, si sentiva stanco e si mise a lato della strada per riposare.
Si addormentò sino alla mattina dopo. Salì di nuovo in bicicletta e tornò a casa.
Tutti e tre si sono trovati a vivere a Follonica, strano caso il destino.
Tutti e tre hanno vissuto pedalando: l’epoca fascista, la guerra, la nascita dello Stato Repubblicano.
Tutti e tre si sono alzati sui pedali nella più grande rivoluzione storica del XX Secolo.
Il Ciclismo era, all’epoca, lo sport più importante d’Italia, primo anche del Calcio. I Ciclisti erano degli eroi indipendentemente dal ruolo.
Questi eroi come racconterebbero oggi la storia attraverso le pagine sportive, che cosa hanno visto i loro occhi, che cosa li ha spinti a Follonica?
Una corsa indietro nel tempo raccontata attraverso le pagine sportive vissute da tre personaggi sportivi in un periodo storico di grande rivoluzione sociale ed economica.